Presentazione alla PUC – Pontifica Università Cattolia – Rio De Janeiro, 19.08.2023
Dr.Alexander Lommatzsch
In questo articolo vorrei mettere il focus su due aspetti fondamentale del nostro lavoro:
- Principi fondanti
- Aspetti pratici
Principi fondanti
Due principi fondamentali del nostro lavoro: Osservazioni e relazioni / connessioni
Abbiamo imparato che per il nostro lavoro clinico è fondamentale l’osservazione fenomenologica. L’atto stesso di osservare qualcosa o qualcuno implica lo stare in relazione con quella cosa o quella persona. Ogni osservazione avviene soltanto quando siamo in relazione con ciò che stiamo osservando. Parliamo di un’osservazione reciproca o interattiva che influenza entrami i soggetti. Nel momento che osserviamo l’altro, entrambi non siamo più gli stessi di un attimo prima. Se non possiamo osservare l’altro – l’altro non c’è. Potremo dire che esistiamo solo attraverso le interazioni. Identità.
Nel momento in cui il paziente prende un appuntamento con il terapeuta si sente già un poco diverso rispetto a prima. Ci siamo influenzando reciprocamente. Forse è sollevato per il primo passo compiuto, forse ha una nuova speranza, forse è frustrato della mia risposta ecc. Io, invece, ho una nuova curiosità e un nuovo appuntamento nella mia agenda.
La stessa cosa succede in ogni incontro di psicoterapia. Ogni volta che ci incontriamo creiamo una relazione o connessione che si basa sulla condivisione di osservazioni ci influenziano, che ha come conseguenza che la nostra realtà è leggermente cambiata.
Questo può succedere nel momento che ci interessiamo del COME ci relazioniamo e non del PERCHE’ ci relazioniamo. Mentre il PERCHE’ analizza e cerca di capire che cosa ha causato, ovvero, determinato un qualsiasi fenomeno, malessere o qualsiasi altro problema, il COME permette di comprendere la sua funzione nell’insieme di tanti aspetti nella vita della persona, anche casuali, e rilevare la direzione in cui si muove, dove vuole arrivare, ovvero, che scopo ha ciò che sta facendo. (non determinato) Felicità. Bisogna fare qualcosa di diverso per produrre un effetto diverso.
I nostri pazienti spesso non si rendono conto del fatto che hanno la vita nelle proprie mani. Vengono spesso con la richiesta di una spiegazione delle cause del loro malessere, sperando che la sola spiegazione potrebbe portare a soluzioni.
Non è il sapere che produce benessere. Sono le azioni che lo fanno.
E’ vero anche che tutti noi conosciamo la sensazione di sollievo quando abbiamo trovato l’errore … la luce non si accende o l’acqua non esce dal rubinetto ecc.. Il principio “causa e effetto” è limitato alle nostre relazioni con gli oggetti ma non è adatto alla relazione tra esseri viventi.
Non possiamo comprendere le relazioni tra esseri viventi basandoci sul principio di causa ed effetto, ma solo con la teoria dei sistemi complessi in cui tutto interagisce con tutto, come in un caos, che in ogni caso segue delle regole, regole diverse di quelle che abbiamo finora conosciute. Non voglio soffermarmi su questo tema, ma solo sottolineare che dobbiamo aprine la mente per comprendere che non ci sono soluzioni facili.
Einstein disse: La mente funziona come un paracadute – ma deve aprirsi.
Per me è stupendo comprendere che l’approccio della psicoterapia della Gestalt è in piena sintonia con la meccanica quantistica ed entrambi sono nati nello stesso periodo storico. C’è ancora molto da scoprire e da meravigliarsi.
Aspetti pratici
Quello che vale nell’ambito del nostro lavoro clinico vale anche per le relazioni tra il lavoro clinico, la ricerca e la formazione in psicoterapia della Gestalt.
Clinica
Il lavoro clinico si svolge nella relazione o connessione.
Come ho accennato all’inizio della mia relazione, abbiamo imparato che per il nostro lavoro clinico è fondamentale di osservare in maniera fenomenologica. Parliamo di un’osservazione reciproca o interattiva che influenza entrami i soggetti. Nel momento che osserviamo l’altro, entrambi non siamo più gli stessi di un attimo prima. Se non possiamo osservare l’altro – l’altro non c’è. Potremo dire che esistiamo solo attraverso le interazioni.
C’è in atto una relazione trasformativa per entrambi, Paziente e terapeuta.
Queste esperienze professionali vengono, sin dall’inizio, accompagnate dalla supervisione. La supervisione è fondamentale perché gli allievi prima e i professionisti poi possano rendersi conto dei vari tipi di impasse che incontrano durante il loro lavoro.
La supervisione si occupa fondamentalmente delle difficoltà che incontra il terapeuta e che sono, nella maggior parte, difficoltà personali del terapeuta, che incontra nel lavoro con il paziente.
La supervisione tutela, in primo luogo, il paziente e cerca di fornire al terapeuta modalità e strumenti per fare un lavoro efficace. La supervisione ci accompagna tutta la vita professionale.
Ricerca
Nel lavoro psicoterapeutico diventa riduttivo focalizzarsi esclusivamente sul sintomo. Il sintomo è una forma estrema di adattamento, un segno visibile o tangibile del disagio. Nel nostro lavoro diventa interessante, per noi e per il paziente, comprendere il senso e la funzione del sintomo. In questo modo il nostro paziente, invece di eliminare il sintomo (cerotto), può modificare le condizioni e le modalità che lo creano.
Facendo esperienza nel lavoro clinico, gli psicoterapeuti si accorgono che molti pazienti chiedono aiuto per problemi simili e che ognuno ha trovato il suo personale modo di adattamento. Diventa interessante scoprire quali possono essere o essere state le situazioni nella loro vita che hanno favorito un tale adattamento ancora oggi funzionante. Qual’è il vantaggio che il paziente oggi trae da ciò che sta facendo.
I terapeuti iniziano ad intravedere collegamenti o connessioni con certe esperienze nelle famiglie d’origine, nelle situazioni vissute nell’infanzia o nella gioventù, nelle relazioni con i partner, in caso di disastri o in situazioni traumatiche ecc.
I nostri terapeuti iniziano a fare ricerca.
Per fare ricerca hanno bisogno di una formazione per utilizzare i vari strumenti della ricerca. Raffaele. Non serve più la lente di ingrandimento. Serve la lente dell’insieme… Complessità.
La ricerca è una continua revisione della propria conoscenza e del proprio operato.
Se manca questa continua ricerca si rischia di creare spiegazioni e teorie semplici e confortevoli.
I risultati della ricerca cambiano il proprio modo di lavorare. Nuove conoscenze e nuove esperienze modificano il lavoro terapeutico, la nostra osservazione e fanno sì che ricominciamo a chiederci nuovi quesiti a proposito del nostro lavoro. Ci troviamo in un circolo virtuoso di lavoro clinico e di ricerca.
La ricerca e la pratica clinica aggiornano ed integrano la formazione ricevuta.
Formazione
E la formazione che fine farà?
Qui diventa, da un lato, importante che ogni scuola di specializzazione e i suoi didatti siano integrati nel processo della clinica e della ricerca e, dall’altro, che si crei un’attività clinica propria per poter fare ricerca o sostenere allievi e professionisti nel lavoro di ricerca.
L’Istituto Gestalt di Puglia ha creato un Centro Clinico e di Ricerca – EPSYLON per corrispinere a questa richiesta fondamentale
A questo punto le conoscenze e le teorie vengono aggiornate e cambiamo gli insegnamenti, che includono il nuovo che è emerso dalla connessione con la clinica e la ricerca.
In questo modo si chiude il cerchio virtuoso capace di integrare esperienza, conoscenza, revisione critica e paradigmi, e che rende possibile muoversi verso un costante processo di rinnovamento e progresso.